Eventi 150° Unità d'Italia
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Il quotidiano 29-12-2011: "Noi credevamo:La ricerca delle verità" consulta l' articolo
Covegno Pizzo "Il Risorgimento in Calabria. La figura di Benedetto Musolino, Eroe della libertà" del 12-12-2011 invito interno (LINK)- invito esterno (LINK)
Il quotidiano 9-10-2011: "Da Sud le radici meridionali dell'unità". In mostra a Palazzo Reale di Napoli anche la corrispondenza tra Musolino e Garibaldi.
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Da Le Giornate Murattiane 2011 in Pizzo Calabro: "Don Benedetto Musolino" del prof. Carlo Primerano (44 min).
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Da Le Giornate Murattiane 2011 in Pizzo Calabro: "Intervista impossibile a Don Benedetto Musolino" (22 min).
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Il 2 giugno al Rendano di Cosenza. Il contributo della Calabria all’unità: Benedetto Musolino (servizio tg3 del 2.6.2011 -dal min. 2.12)
Gazzetta del 3.6.11 :"Il tributo cosentino all'italia repubblicana" Consulta l'articolo
La Giornata tricolore a Diamante, 28 maggio 2011
Benedetto Musolino, Patriota dimenticato (TgR settimanale del 28.5.2011 – dal minuto 27)
Convegno storico: "La Calabria ed il Mezzogiorno nel Risorgimento: Benedetto Musolino". Pizzo, 30.4.2011 locandina (LINK)
Cosenza, Musolino e i 5 patrioti da Il Quotidiano 3-4-2011 consulta l' articolo
Convegno Istituto Cattaneo - Roma, 14.3.2011 visualizza la locandina
Risorgimento italiano e sionismo ( Milano, 26.1.2011, Fondazione Corriere della sera) visualizza
Il film "Noi credevamo" di Martone oscura i patrioti calabresi Il Quotidiano della Calabria prima pagina - 23-11-2010
Dal romanzo di Anna Banti, Noi Credevamo: L'incontro Lopresti - Musolino
Il Presidente della Repubblica: il film "Noi credevamo" non ha valenza documentaristica ma è libera espressione artistica.
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E'online l'opera di B. Musolino, "Giuseppe Mazzini o i Rivoluzionari Italiani" vai al link
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Questo sito intende agevolare, offrendo documentazione storica e materiale storiografico, in parte inedito e comunque poco diffuso, la ricostruzione delle vicende storiche concernenti il Risorgimento italiano attraverso la biografia, il carteggio e le opere riguardanti il patriota calabrese Benedetto Musolino,
che prese parte non secondaria a quasi tutti gli avvenimenti che hanno caratterizzato quel periodo storico, ancora in parte da “riscoprire” e da inquadrare correttamente.
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- Benedetto Musolino fu infatti il fondatore, a poco più di 20 anni, nel 1832, della setta dei Figlioli della Giovane Italia (e di ciò è testimone già il Settembrini nelle sue Ricordanze), che fu, fino al 1839, la piú importante organizzazione neocarbonica dell'Italia meridionale, la cui influenza continuò ad esercitarsi, sia pure indirettamente, attraverso "l'Unità Italiana", fondata da Luigi Settembrini nel 1849 ( P.Alatri, Introduzione, pag. 8);
- fu deputato al Parlamento napoletano del ’48 (si veda qui il suo Proclama “Al Popolo delle Due Sicilie”), ebbe parte attiva alla Rivoluzione susseguita ai fatti di Napoli del 15 maggio 1848, facendo parte del Governo provvisorio instaurato successivamente a Cosenza (cfr. DE GIORGIO, IL 1848) e combattè poi per la difesa di Roma e Venezia nel 1849;
- scrisse il saggio Giuseppe Mazzini o i Rivoluzionari Italiani, ultimato nel 1859 e pubblicato postumo nel 1982
(e già in parte anticipato dal saggio “La rivoluzione del 1848 nelle Calabrie”, pubblicato postumo nel 1903 a cura del nipote avv. Saverio Musolino),
con il quale, oltre a fornire un resoconto di tutte le rivoluzioni del ’48-’49 (nelle appendici), denunciava la sterilità dei tentativi mazziniani;
- fu il primo tra i Mille a sbarcare sul suolo calabrese, la notte dell’8 agosto 1860, alla testa di 200 garibaldini, su incarico di Garibaldi, sbarcato il successivo 19 agosto. Per 10 giorni questi garibaldini prepararono la via allo sbarco dei Mille, prendendo contatti con la popolazione locale e con le amministrazioni locali, così da facilitare la venuta del Dittatore (cfr. DE GIORGIO, IL 1860) La vicenda è documentata da una corrispondenza con Garibaldi, che il sito offre (tre lettere del 9, 10 e 19 agosto 1860) ed era stata già narrata da Cesare Abba, nelle “Notarelle di uno dei Mille”. E' anche testimoniata da una stele marmorea, ubicata sul luogo del primo sbarco, presso Villa S. Giovanni (stele di S.Trada);
- fece parte, sin dal 1861, del primo Parlamento nazionale di Torino, eletto nel collegio di Monteleone (l’odierna Vibo Valentia), mai dimentico della convinzione che l’unità d’Italia doveva andare di pari passo con la questione sociale e doveva portare con sé anche il riscatto delle popolazioni meridionali. Egli fu peraltro tra i primi a denunciare, nel corso dei
lavori parlamentari del 1863, l’iniquità dell’imposizione indiretta e a richiedere l’introduzione di una imposizione progressiva (Discorsi parlamentari, La riforma delle imposte, 1863, pag. 59). Tra i suoi discorsi sui problemi di politica internazionale, si segnala in particolare quello
tenuto nel maggio 1873 su L'Internazionale o la questione sociale.
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Benedetto Musolino fu “studioso attento, acuto dei problemi di politica internazionale e delle questioni economico-sociali, fu sempre irrequietamente preoccupato delle fondamentali questioni del giorno”. Così si esprime il Berti (Studi storici, 1960), che negli anni a cavallo del 1960 ebbe a studiare l’archivio del patriota, ritenuto “la personalità più spiccata e più viva dell'Ottocento calabrese”.
Benedetto Musolino, infatti, pur provenendo “da un piccolo centro della Calabria, non sapeva che cosa fosse provincialismo: mai patrocinò interessi locali”. Il giudizio del Berti è condiviso da tutti gli storici che ebbero ad occuparsi in prosieguo del patriota. Per Paolo Alatri (Biografia di un rivoluzionario europeo, in Atti del Convegno di Pizzo del 1985) il Musolino è “uno dei più notevoli rappresentanti
del patriottismo democratico italiano del Risorgimento”, dotato di un “temperamento ardente e appassionato, con un interesse sempre fortissimo per i problemi inerenti allo sviluppo capitalistico della società, interesse che gli ispirò intuizioni tutt'altro che comuni tra gli uomini del Risorgimento e un tono di modernità che lo proietta nettamente nell'atmosfera dottrinale del post-Risorgimento e perfino di un'età alla quale la sua esistenza neppure pervenne”.
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Ebbe la stima dei suoi colleghi e dei suoi contemporanei, pur non ricoprendo mai incarichi di governo (al contrario del nipote Giovanni Nicotera, allevato dal Musolino al culto del patriottismo, che lo surclassa in fama, forse perché fu Ministro dell’interno). “Anima di tempra antica” lo definisce Giuseppe Montanelli nelle sue Memorie (1853); “un homme de trempe antique” viene
definito dal Garnier-Pagès nella Storia della rivoluzione del 1848, come riporta F. Petruccelli della Gattina nel saggio saggio I moribondi del Palazzo Carignano (edito nel 1862 da F. Petruccelli della Gattina e recentemente ripresentato), dedicato ai primi parlamentari del nuovo Stato unitario, dove si precisa che egli fu “uno dei mille di Marsala,
fu il primo che, di Sicilia, mise il piede sul continente napoletano”.
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Nel corso della sua movimentata esistenza Benedetto Musolino ebbe anche modo di occuparsi della condizione del popolo ebraico, redigendo un articolato progetto di ricostituzione di uno stato ebraico in terra di Palestina, quando ancora questo disegno appariva un’utopia. Egli articolò una Costituzione di stampo moderno e sottopose il progetto a Lord Palmerston, in quanto era connesso alla progettazione di una
ferrovia che da Tiro doveva condurre al Pacifico. Previde anche la necessità di realizzare un canale artificiale che doveva collegare l’Europa all’Asia (“bosforo giudaico”), quando ancora non era stato realizzato il canale di Suez.
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Rimane un interrogativo di fondo: perchè mai una figura così peculiare, che onora non solo la Calabria ma l’Italia intera, viene ancora relegata dalla storiografia ufficiale e non solo.
Sui libri di scuola, almeno quelli in uso presso le scuole primarie e secondarie, non appare alcun gesto riferibile al patriota calabrese. Eppure gli eventi cui prese parte non furono affatto secondari nella storia del nostro Risorgimento. Egli continua a venir ignorato dalle celebrazioni ed è stato eclissato anche dal film Noi credevamo, recentemente uscito nelle sale cinematografiche, che prende il nome dall’omonimo romanzo di Anna Banti, nel quale è ben chiaro che la setta della Giovane Italia alla quale il protagonista, Domenico Lopresti, aderisce è quella del Musolino e non quella del Mazzini, che con il movimento democratico meridionale ha avuto poco o niente a che vedere (vedi Berti, sopra citato).
Quel che fa specie è che lo stesso regista, in un’intervista a Repubblica, dà atto della esistenza, nel libro, di “bellissime pagine anche sull' incontro con Musolino”, dal film censurate e che qui si ritiene di riproporre. Egli giustifica il “taglio” con
una esigenza di “semplificazione per ragioni di racconto, per rendere più diretto il rapporto del protagonista con Mazzini”. L’ammissione del regista è la prova che non si può incidere sui dogmi della storiografia ufficiale, cristallizzata nei libri di scuola e destinata al pubblico di massa.
Solo coloro che hanno la pazienza o la fortuna di consultare degli archivi storici o semplicemente dei testi un po’ più critici, possono evidentemente avere quegli elementi che possono consentire di avere una corretta visione degli accadimenti risorgimentali.
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Ce n’è abbastanza per far trionfare una volta per tutte la verità. Non potendo contrastare con parità di mezzi il colosso cinematografico-televisivo, finanziato, oltre che da una miriade di enti pubblici, anche dalla RAI, da cui verrà trasmesso più avanti, con somme ragguardevoli
(si parla di tre milioni di euro), riteniamo giusto affidare al giudizio degli utenti di un mezzo democratico, popolare, di massa, come la rete internet, i documenti in nostro possesso, per consentire a chiunque abbia sete di verità di poterli agevolmente consultare.
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Un’ultima, doverosa, annotazione. I documenti sono scansionati ed inseriti, per lo più, in formato pdf: possono perciò risultare spesso pesanti e lenti nell’apertura. Ci si rimette alla pazienza di coloro che lo consulteranno.
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Riportiamo, di seguito, il testo, dettato nel 1961 dallo storico Giuseppe Berti, che verrà nel 1985 scolpito sulla lapide affissa sulle mura del palazzo natìo, in Pizzo, preceduto dal testo della lettera, indirizzata alla famiglia Musolino, con la quale l’illustre storico e senatore della Repubblica spiegava le ragioni per le quali riteneva di non condividere gli altri progetti che gli erano stati sottoposti:
« Vi mando il progetto di lapide. Francamente gli altri due progetti, che voi mi avete fatto vedere, a me non sono piaciuti molto. Certo quanto ivi era scritto era tutto giusto e tutto vero ma non diceva chi è stato Benedetto Musolino.
Dire che fosse ad esempio maggiore e poi colonnello dell'esercito garibaldino è dire molto poco: ce ne sono stati centinaia, quasi tutti prodi e galantuomini e anche qualcuno non del tutto raccomandabile e povero di spirito.
Dire che fu deputato e senatore è dire assai poco anche se il primo Parlamento d'Italia fu indubbiamente qualcosa di migliore di quest'ultimo.
Dire che rinunziò ad ogni indennizzo, con la mentalità che vige al giorno d'oggi può sembrare persino una virtú, ma certo Musolino la considerò meno di un dovere.
Accomunarlo a Giovanni Nicotera è, per le sue ceneri un'offesa.
Dire che fu il primo a sbarcare in Calabria nel '60 è, certo, cosa piú importante ma basta sapere chi fu lui per essere certi che non poteva essere l'ultimo.
Quel che conta, mi pare, è di spiegare chi fu e di mettere in luce perché fu tra i primi uomini dei suoi tempi (e in questo senso non fu seguace di nessuno e solo militarmente lo si può dire garibaldino perché per le sue idee andò oltre Garibaldi e non lo si può certo definire né mazziniano né seguace di nessun altro uomo, per grande che fosse, perché seguì sempre e soltanto le proprie idee).
Che fosse patriota intemerato, ripeto, fu sua virtú grandissima ma la condivise con molti, quel che mi pare nella lapide bisogna porre in luce è quel che non condivise con nessuno o con pochissimi e con quegli stessi pochissimi soltanto in parte: il suo pensiero. Musolino non fu uno Stocco o un Miceli qualsiasi e nemmeno un uomo che, nella propria vita, ebbe piú ombre che luci come Giovanni Nicotera.
L'unico calabrese col quale mi pare lo si possa paragonare e dal quale idealmente egli, in parte, discende, è Tommaso Campanella e perciò io ho fatto il suo nome».